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Social nel mirino: le parole hanno un peso

Social nel mirino: le parole hanno un peso. Vediamo perché.

I social sono sotto accusa, un giorno sì e l’altro anche, è un dato di fatto. Ce ne accorgiamo dai commenti ai fatti di cronaca e dall’uso e più che altro abuso che se ne fa.

«Lo spirito, come la natura, ha l’orrore del vuoto. Nel vuoto, la natura mette l’amore; lo spirito, spesso, vi mette l’odio. L’odio prende spazio» (Victor Hugo)

La massima del drammaturgo francese Victor Hugo riassume un dunque: i contro dei social stanno superando di gran lunga i pro.

Inutile dirvi che mi sento meglio tra libri e scrittura, ma come sapete, tutto ciò che ruota intorno alla comunicazione fa parte della mia professione. Quindi, eccomi qua a dire la mia sulla questione spinosa “social”.

Social

Il post di oggi si ricollega a una dichiarazione che Daniele Cinà, esperto di comunicazione digitale, fece qualche tempo fa su un articolo del Fatto Quotidiano.

“I social network sono una grande occasione. Se se ne fa buon uso.”

Parole sante.

Prima di fare una serie di considerazioni interessanti, in apertura, a un certo punto, Cinà scrive: “la gente” ha preso il sopravvento sulle “persone”. Che dire? Sono d’accordo. Il cittadino digitale ha bisogno di rientrare nei ranghi. Si parla sempre più spesso a sproposito, di paura, di violenza, di omofobia, di intolleranza e talvolta, a mio modesto parere, sarebbe meglio tacere.

Ci sarà, come è giusto che sia, chi è d’accordo con quanto segue, e chi no. Chi penserà che la libertà di parola debba essere legittimata a prescindere. Chi dirà che i toni e i registri linguistici non sono poi così importanti in un contesto digitale; che la forma può essrere trascurata sui Social. Con tutti i dubbi e le discordanze del caso, è cosa nota che i social siano diventati una piazza per chiunque abbia voglia di dire la propria senza remore, senza riflettere sulle possibili conseguenze. A testimonianza di ciò, succede sempre più spesso che nel “bel” mezzo dei fatti di cronaca terribili accaduti anche negli ultimi tempi, “i protagonisti” siano due aspetti che mettono paura, più degli accadimenti stessi: l’ignoranza (nel senso vero del termine) accompagnata dall’arroganza.

Social

Ignoranza
i·gno·ràn·za/
sostantivo femminile
1.
Inconsapevolezza o incompetenza
(più o meno colpevole).
“L’ignoranza della legge non è ammessa”
2.
Condizione determinata dalla mancanza
di istruzione o di educazione.
“La superbia è figlia dell’ignoranza”

Potrei fermarmi qui. Il significato n. 2 basterebbe già.

Tuttavia, sono più di un paio le impressioni a darmi modo andare oltre.

La prima è che si sta superando l’asticella del rimanere al proprio posto.

Aggiungo che non ci sono ragioni, e nemmeno scuse, per comprendere, o peggio, condividere, determinati atti di violenza sconsiderati e inauditi. Questo è fuori discussione. Non ci vogliono i social per condannarli.

Social Detto ciò, non è mia intenzione focalizzarmi su un tema specifico, sarebbe un passo azzardato e richiederebbe riflessioni troppo articolate e delicate da gestire su un blog.

Inoltre, nutro un certa forma di riguardo nei confronti di certi avvenimenti di cui non si conoscono, quasi mai bene, dinamiche e scatenanti. Pertanto, non me la sento di cadere nella trappola dell’ovvietà dando un’opione personale su omicidi, bullismo e tragedie familiari.

È giusto, anzi doveroso, porsi dei limiti, degli scrupoli prima di sputare sentenze e veleno.

Le parole influiscono e infieriscono, dietro e davanti a un monitor, dentro e fuori dai canali social

Quando le situazioni richiedono prudenza, fare qualche passo indietro, magari elaborando il proprio modo di pensare in una sede più opportuna, senz’altro diversa da quella dei Social Network. Per chi non lo sapesse: “Il carta canta” o “Lo scripta manent” non sono semplici modi di dire. Ciò che è scritto non solo fa testo, ma rimane ed è catalogato necessariamente all’interno di un modo di pensare, a volte (non sempre), poco ragionevole. Dare giudizi pesanti, calcare la mano o prendere sotto gamba il problema del dire tanto per… non è un gioco o uno sport in cui vince chi la spara più grossa.

Remind: chiunque può leggervi

La strada più intelligente da percorrere è la misura delle parole. Insomma: non abusate del boomerang: “Tanto siamo in democrazia, dico quello che voglio a chi voglio e come voglio”.

Viviamo in un paese democratico, è vero, ma il rispetto viene prima di tutto, a partire dal linguaggio.

In ogni caso, così come nella vita anche sui Social vige la regola del “Che ognuno si prenda le responsabilità di quello che dice”.

A proposito di ciò, non è ‘solo’ l’ombra gigantesca dell’egoismo, il cyberbulling o il razzismo a preoccupare, bensì il modo in cui “la gente” si approccia alle “persone”.

Il punto è che sui Social si strumentalizza, e non va bene

Per questo vorrei ricordare un concetto a chi sale in cattedra e si improvvisa giustiziere da tastiera: “Prima di parlare pensa”, specialmente negli spazi web che espongono la propria identità da un punto di vista etico-morale.

Ciò che mi lascia perplessa sono la leggerezza e la faciloneria attraverso le quali si punta il dito e si esprimono poche idee e molto confuse. Sui social si leggono frasi  inneggianti all’aggressività, alle soluzioni drastiche, che mettono i brividi. Le uniche cose che dovrebbero drasticamente scomparire sono la guerra delle parole e l’intolleranza, stati d’animo che alimentano prepotenza e prevalicazione.

Homo homini lupus (L’uomo è lupo dell’uomo) anche sui Social, oggi più che mai

Volendo sforzarsi di vedere il bicchiere mezzo pieno, è possibile uscire dal circolo vizioso del più debole che soccombe. L’unico terreno per discussioni fertili dovrebbe coltivare la Pace e il confronto, e non di certo i confini o il colore della pelle. Dove la Pace è, sì legata a un concetto religioso ma anche e soprattutto umano.

La violenza non è né di destra né di sinistra. È violenza e basta

Mi piacerebbe fare un’analisi sobria, tesa alla riflessione, ciò nonostante, mi rendo conto di quanto sia difficile farlo in modo esauriente. Vorrei ugualmente che si contasse fino a quanto serve prima di scadere nella mediocrità. Vorrei invitare alla pacatezza, a tenere in tasca i marchi a fuoco, le dichiarazioni estreme e poco costruttive. Ne sono consapevole, per qualcuno è estremamente complicato pensare prima di dire qualunque cosa che possa nuocere a qualcun’altro. Non c’è un momento giusto o sbagliato di dire la propria, ma è sempre il momento buono di dire basta a qualsiasi forma di violenza verbale e non.

Social

Dunque, opinioni Social sì, ma più ponderate

E i confronti? Ben vengano se fatti in modo civile.

La violenza non è solo fatta di fucili, bombe e coltelli. Però, per parlare di questo ci vorrebbero un’altra vita, meno parole, più fatti, più libri di Storia…

So di non avere le risposte, nessuno di noi probabilmente ce le ha, perché le ingiustizie sono tante e troppe per farsene carico singolarmente. Sì, perché ogni santo giorno capita qualcosa che dà da pensare, ma non tutti prima di parlarne, pensano, usando il buon senso. Ognuno di noi dovrebbe sentire un po’ di responsabilità in più per ciò che scrive, quel tanto che basti per non accodarsi a un pensiero di massa, davvero troppo poco attento a distinguersi.

Forse è proprio questo il punto: il senso di responsabilità dovrebbe coinvolgere tutti quelli che prima di esprimersi non pensano neanche per un secondo all’esistenza di culture differenti dalle nostre, a motivazioni forti tanto quanto le nostre.

Pensare, prima di parlare è pur sempre meglio di essere succubi di un’ignoranza che sta raggiungendo proporzioni spaventose.

È forse troppo tardi per ascoltare e comprendere? No. Non lo è mai. Anche se è diventato talmente faticoso da pensaredi gettare la spugna. Non lo fate, non piegatevi all’ignoranza, all’arroganza, alla rabbia. Le nostre idee non sono sempre le più grandi, anzi. Difendiamole senza calpestare quelle del prossimo. Bisognerebbe iniziare a mettersi di fronte a qualcosa di più grande dell’individualità e dell’egoismo. Bisognerebbe comunicare attraverso un linguaggio verbale propositivo e non distruttivo o fine a se stesso.

Sarò un’inguaribile e folle ottimista, ma io mi chiedo: perché non dovrebbero cambiare le cose? Io continuo a sperare che succeda e nel frattempo, prima di parlare, penso

 

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