Lettera a uno sconosciuto

 

Lettera a uno sconosciutoLETTERA A MIO PADRE

Ieri mi hanno detto che mi hai scritto. È passata una vita, e tu, nemmeno te ne sei accorto.

Io sì, lo sai?

Ho contato i giorni, perché è stato anche “grazie” a te che non passavano.

Ho sempre pensato che il tempo avesse il potere di curare tutto.

Mi sbagliavo. Il tempo non guarisce un bel niente. Il tempo non sente, non vede il dolore.

Il tempo logora, stordisce, mette paura.

Già… la paura.

E tu cosa ne sai di quanta ne ho avuta io quando sei sparito?

Da piccoli si ha paura del buio. Io nel buio, invece, da bambina, ci camminavo scalza. Me lo ha sempre raccontato mia madre con un pizzico di amarezza. No, non andava fiera del fatto che io camminassi nel buio inconsapevole dei pericoli cui sarei andata incontro.

Ma io Avevo paura di qualcos’altro: della tua assenza.

E facevo bene ad averne.

Adesso lo so.

Sì, perché la tua assenza è sempre stata presenza. Tu eri e sei nella pelle, nel sangue, nella testa, nei miei capelli ricci e un po’ spettinato che avevo preso da te, purtroppo.

Ti scrivo perché forse una cosa dovresti saperla. Mi sono mancate mani forti a sorreggere un futuro troppo incerto.

Quelle mani non ci sono mai state.

Non sapevo dove fossi,

con chi fossi. Sapevo soltanto che non c’eri, che non eri con me.

Ti aspettavo a quella finestra.

Pioveva. Nevicava.

C’era il sole e poi c’era la nebbia.

E non arrivavi.

Non arrivavi mai.

E adesso, che sono una donna ormai, tu cosa fai? Mi scrivi…

Io ti rispondo qui, in quello che sarà il mio ultimo libro di poesie maledette.

Ti rispondo con quello che non ho più dentro, con i pozzi di vuoto che hai creato, anche se ti meriteresti solo il nulla.

Be’, sai cosa c’è?

C’è che è tardi per scrivermi.

È tardi per qualsiasi cosa tu possa dire o fare.

E sai perché?

Perché io non ho voglia di ascoltarla la voce dello Zero.

Io, dei baratri ne ho abbastanza.

Cosa vorrai mai dirmi di così importante?

Niente di niente.

In questi anni, in cui non ci sei mai stato, in cui non hai mai preso una penna per scrivermi, una macchina per venire a cercarmi, io ho scalato le montagne più alte, ho visto da vicino i precipizi e ho fatto fatica a rimanere in equilibrio su un filo nero, sottile sottile, e il pericolo di non farcela.

Ma tu non puoi saperlo, non puoi capire. È un tuo limite, così come lo sono state tutte le tue bugie, tutte quelle parole che non mi hai mai detto.

Con la vita hai sempre giocato, ti sei sempre nascosto dietro te stesso, dietro il tuo spettro.

È brutto diventare ombra. Ti calpestano, diventi indefinito e inconsistente, come te;

prendi forma solo al buio, sotto la luce dei lampioni, negli angoli delle strade deserte, dove si prendono a calci i sassi.

Le ombre restano, si rigenerano come replicanti.

Poi, però, la luce si spegne e arriva il silenzio, un silenzio che fa tremare, come la scossa di un terremoto.

Pochi secondi e il mondo crolla,

giù per terra.

E il cielo si gonfia di nuvole.

E io, annego nei ricordi.

Chi sei?

Cosa cerchi?

Cosa vuoi da me?

Dopo tanto tempo, così tanto da scordare il profilo del tuo volto, il tono della tua voce, dovrei ancora crederti?

Se pensi che questo sia possibile, sei un illuso e un fallito che non sa che cosa si è perso.

Sei uno spettro che ha lasciato andare tutto, persino l’abito di scena.

Mi chiedi di perdonarti… ma come faccio? Non posso. Finirei per odiarmi.

Vedi, in fondo un po’ coraggiosa sono diventata. Sto guardando in faccia il passato e forse sono così forte perché sei diventato solo una stupida ombra.

Ombra che se n’è andata e che non tornerà mai più.

Ho acceso quasi tutti i barlumi artificiali del mondo; a te ho lasciato l’unico angolo scuro dell’Universo.

Tieni, è tuo, ora, questo buio che è stato mio per una vita.

Non combatto più nemmeno per elemosinare un tuo pensiero.

Ho gettato la spada di Damocle e lucidato la corona al mio Re: Il Presente.

Sto volando lontano da te, fiera come la Regina dei cieli., mentre sopporto il freddo come il Principe dei ghiacci.

Non saprai mai dove vivo, con chi divido il mio letto e con chi coltivo le speranze che mi hai tolto.

Tu non sarai più dietro la porta, dentro la busta di una lettera mai aperta, scritta solo e soltanto per lavarti l’anima.

Tu non ci sarai più

da nessuna parte.